Nella narrazione giornalistica della cronaca e degli approfondimenti sono consuete parole che contribuiscono a fossilizzare la situazione in un livello di accettazione sociale e rassegnazione che non consente di sbloccare culturalmente il fenomeno della violenza di genere e porta all’estremizzazione degli eventi dolorosi fino al femminicidio.
Un obbiettivo per chi fa comunicazione dovrebbe essere quello di trovare le parole giuste per rompere le catene dell’accettazione della violenza e per dare voce alle donne che ne sono vittime, per fondare nell’opinione pubblica un sistema di parole e pensieri che esclude la violenza a partire dal linguaggio.
Un elenco di parole e degli stereotipi da evitare.
Raptus: il femminicidio è un gesto estremo e come tale non avviene mai all’improvviso, è sempre l’ultimo di un’escalation di violenza che non è stata fermata in tempo.
Follia: con questa parola si fornisce un alibi emotivo al carnefice, che da oppressore diventa una persona con disturbi psichici.
Amore malato: Una espressione comoda che nasconde una grande falsità, l’amore è l’opposto della violenza, il sentimento che porta alla sopraffazione fisica non può essere confuso con l’amore che è dono.
Era vestita: descrivere come era vestita la vittima nega la libertà di scegliere alla donna il proprio abbigliamento che diventa una giustificazione possibile per gli atti violenti.
Descrivere in dettaglio le ferite subite: è un atteggiamento morboso e voyeuristico che provoca soltanto dolore nella vittima.
Fermarsi alla superficiale apparenza sociale nella descrizione del violento: Era un bravo ragazzo (un padre premuroso, un uomo buono etc): sminuisce la versione dei fatti della vittima, mettendo in dubbio quanto è successo senza solide argomentazioni.
Se l’e’ cercata: Colpevolizzare la donna e la sua libertà trovando motivazioni a gesti che non possono essere in alcun modo giustificati.
Lei lo tradiva: aggiungere in modo scorretto un dettaglio privato per fornire un alibi che colpevolizza la vittima, comunque rispetto ad gesto sproporzionato.
Perché non lo ha lasciato? Come si può dall’esterno giudicare un comportamento che può avere motivi più svariati come il ricatto economico, la presenza dei figli, la paura del giudizio esterno o anche semplicemente una motivazione individuale che non si può comprendere dall’esterno.
Fare dei gesti di violenza contro le donne, gesti commessi da stranieri: distorce la realtà di una violenza che vede come autori soprattutto persone vicine: mariti, compagni, o familiari stretti in oltre il 70% dei casi.
Fonti: menarini.it, noino.org