Lotter e Nissen hanno una colluttazione con Brandon e lo costringono a salire su un’auto, dove lo violentano. Brandon denuncia l’accaduto alla polizia, che, però, dopo un interrogatorio durante il quale lo sceriffo sembra più interessato all’identità di genere di Brandon che non all’atto criminale, non riesce o non vuole incastrare e arrestare i due stupratori. È a questo punto che Nissen e Lotter si recano a casa di Lisa Lambert in cerca di Brandon e, trovatolo, lo uccidono assieme a Devine e Lisa Lambert il 31 dicembre seguente.
Noemi è stata ritrovata con il cranio sfondato da una grossa pietra, il corpo irriconoscibile. Noemi era scomparsa 11 giorni prima, lasciando a casa il cellulare, i documenti e i soldi. Noemi è stata uccisa brutalmente dal fidanzato. Noemi aveva solo 16 anni.
Brandon e Noemi sono solo due delle tante, troppe vittime della violenza di genere, la quale, benché si esprima in differenti forme, che vanno dalle discriminazioni sul lavoro al bullismo omofobico, alle aggressioni verbali, al maltrattamento fisico, fino all’uccisione, si fonda in ogni caso sulla non accettazione dell’Altro, di cui si propone la distruzione.
Se questo comun denominatore ci consente di considerare i fenomeni di violenza contro individui transgender e i fenomeni di violenza contro le donne sotto un’unica categoria, può risultare utile leggere tali fenomeni in correlazione. Questo, piuttosto che allontanarci dalla comprensione della loro individualità, ci indirizza verso la piena individuazione della loro logica interna.
Il 20 novembre è in tutto il mondo il Transgender Day of Remembrance (TDoR), una giornata di commemorazione delle vittime dell’odio contro le persone transessuali.
L’attivista transgender Gwendolyn Ann Smith introdusse questo evento in America nel 1998 per ricordare Rita Hester, il cui assassinio in Massachusetts diede avvio al progetto web “Remembering Our Dead”, e nel 1999 a una fiaccolata a San Francisco. Da allora il TDoR è cresciuto fino a comprendere commemorazioni in più di 180 città e più di 20 paesi in Nord America, Europa, Asia, Africa e Oceania. Secondo un report del Transgender Europe (TGEU), tra il primo gennaio 2008 e il 30 settembre 2016 sono 2,264 le persone transgender uccise in 68 paesi in tutto il mondo. L’Italia ricopre il secondo posto contando 32 omicidi nel periodo di indagine. Palcoscenico di questi tremendi crimini è stata nella maggior parte dei casi la strada, testimone di una violenza che pare volersi esibire pubblicamente.
Il preponderante coinvolgimento di uomini nelle violenze contro le minoranze sessuali è stato riscontrato da tutte le ricerche che si sono occupate di attacchi contro gay, transessuali, lesbiche e bisessuali (Comstock, 1991; Ehrlich, 1992). Una lettura di questi eventi come semplici crimini di odio rischia di oscurare sia le motivazioni maschili sia la particolare interazione di genere tra assassino e vittima. Piuttosto che spiegare le aggressioni omotransfobiche come dovute esclusivamente ai pregiudizi di una minoranza, al fine di averne una comprensione completa, può essere utile leggere queste violenze in relazione ai rapporti tra i generi, sotto il comune denominatore della “violenza di genere”.
La definizione dell’espressione “violenza di genere” contiene un elemento interessante: favorendo la connessione di fenomeni come la violenza omofoba, la violenza contro i trans e contro le donne, tale definizione consente infatti una riflessione su un particolare tipo di violenza strettamente connesso al rifiuto dell’alterità e alla conferma di una struttura gerarchica e di dominio tra i sessi e i generi. Di fatti, gli uomini e i ragazzi omosessuali e gli eterosessuali non convenzionali sono spesso bersaglio della rabbia e dell’ansia connessa alle pratiche sociali di genere e degli uomini (Connell, 1995). Tale violenza opera anche come esperienza di conferma e riaffermazione della virilità.
Nel suo interessante testo Maschilità, Connell (1995) definisce la maschilità egemonica non come un particolare tipo di carattere, bensì come la complessa e storicamente mutevole pratica sociale presente nelle società che legittimano o provano a garantire il sostentamento del patriarcato e della dominazione maschile sulle donne e su quanti la cui libera espressione si distacca dalla rigida espressione di maschilità egemonica.
Tra la maschilità egemonica e quelle “subordinate” o “marginalizzate” esistono diverse relazioni dinamiche. La violenza e l’aggressione omotransfobica finiscono per controllare in modo diretto o indiretto gli uomini omosessuali e gli altri che si trovano fuori dai confini convenzionali di genere. I pregiudizi contro le persone transessuali/transgender sono stati percepiti come simili o come diversi da quelli anti-omosessuali (Moran, Sharpe, 2004). Tuttavia tra questi fenomeni emergono simili aspetti: gli aggressori sono preoccupati che l’utilizzo di ornamenti femminili possa comportare una minaccia o una profanazione del corpo maschile. Alcuni omicidi riflettono disgusto e rabbia per le violazioni delle norme di genere implicite nelle manifestazioni pubbliche di effeminatezza, in particolare attraverso il vestiario e la cura della propria persona: insomma, sembra quasi che ad essere colpito sia tutto ciò che si distacca dal maschile per avvicinarsi al femminile.
Ed è proprio a questo tragico attacco al femminile che è dedicata un’altra giornata del mese di novembre. Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il 25 novembre fu scelto nel 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tale data fu proposta quasi 20 anni prima da un gruppo di donne attiviste riunitesi nell’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà nel 1981. In Italia negli ultimi dieci anni le donne assassinate sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9%) in famiglia e quand’anche non culmini in omicidio, la violenza si esprime quotidianamente attraverso sopraffazioni, molestie, violenze sessuali e psicologiche CHE sono purtroppo una triste quotidianità.
Infatti, la violenza maschile contro le donne è perpetrata in molti modi: il salario inferiore, la mutilazione genitale, le molestie sessuali, lo stupro, il feticidio selettivo, i roghi, l’acido, la prostituzione, le umiliazioni mediatiche. Questa violenza, esercitata dagli uomini, ha una causalità complessa e multidimensionale, ma le sue cause primarie sono le norme culturali sessiste che mantengono e favoriscono la superiorità maschile e la subordinazione femminile. Le donne, in ogni parte del mondo, vengono discriminate, picchiate, stuprate, torturate, schiavizzate, uccise per il fatto di essere donne, ovvero di non essere uomini, di essere altro dall’uomo.
Queste considerazioni sono coerenti con le riflessioni fatte dalle ecofemministe sulla dicotomia come modalità tipica di lettura della realtà del patriarcato. L’uomo si autodefinisce uomo annientando la femminilità. La definizione della soggettività è operata attraverso la negazione della diversità, nel caso della costruzione della maschilità, del genere femminile.
Tra le “indicazioni di mascolinità” che Michael Flood (2002) ha stilato, come riportate da Volpato (2013), è compresa la violenza contro le donne. La violenza è intesa quindi come mezzo irrinunciabile per definire la mascolinità, costruita sulla negazione del femminile, l’annientamento della donna. Gli uomini che si conformano all’ideale di maschilità egemone apprezzano l’aggressività come tratto distintivo del vero uomo, rendendo probabile, se non “normale” agire tale aggressività contro le donne. Tutte le caratteristiche associate alla femminilità, quali l’emotività, la sensibilità, l’ascolto, l’attenzione ai sentimenti, hanno un’accezione negativa nella costituzione della maschilità ed è attraverso la loro negazione che un uomo diventa un uomo (La Cecla, 2010).
La violenza contro le persone LGBT e contro le donne conferma una particolare modalità maschile di relazionarsi con l’altro da sé, ed in questo senso costituisce uno strumento di disciplinamento e di riaffermazione di ruoli e modelli normativi contro chi li trasgredisce.
Concludendo, si può ipotizzare una radice comune tra i fenomeni di violenza contro le persone transgender e le donne?
A cura di Daniela Rubinacci
Riferimenti bibliografici:
comstock, G. (1991) Violence against Lesbians and Gay Men, Columbia, New York. Connell,
R. W.(1995). Maschilità, Milano:Feltrinelli.
Ehrlich, H. (1992). The ecology of anti-gay violence in Hate Crimes: Confronting Violence against Lesbians and Gay Men, a cura di G. Herek e k Berrill, Sage, Newbury Park, CA.
La Cecla, F.,(2010).Modi bruschi. Antropologia del maschio, Milano: Elèuthera.
Moran L. e Sharpe A., (2004), Violence, identity and policing: the case of violence against transgender people, “Criminal Justice”, 4, 4, pp. 395-417
Tomsen, S. (2013). Violenza omofoba e maschilità in Australia. In S. Magaraggia e D. Cherubini (a cura di ) Uomini contro le donne? Le radici della violenza maschile (pp.77-100).UTET Università.
Volpato, C. (2013).Psicosociologia del maschilismo, Bari : Laterza.
Fonte: http://www.sinapsi.unina.it/violenza_bullismoomofobico